Salve gente!
Finalmente un articolo che vi mostrerà il metodo definitivo per calcolare il prezzo da fare ai vostri clienti. No aspettate, questa frase l’ho già letta da qualche parte, sembra sia una gran stronzata. È solitamente corredata da qualche corso gratuito in esclusiva mondiale e, ovviamente, solo per un tempo limitato, come quello di Poltrone e Sofà o dei Materassi Eminflex.
Insomma, le domande su questo argomento sono quelle più diffuse sia nel Covo dei Pirati, sia nei messaggi privati della nostra pagina.
Per spiegare bene tutto quello che conosco sull’argomento ho pensato di raccontarvi integralmente (e brevemente, per non star qui fino a dopodomani) la mia esperienza.
Ho integrato degli screen a seguito di una domanda sul prezzo che ho fatto proprio nel Covo dei pirati dove discutiamo ti tante cose oltre a darci una mano a vicenda.
Gli inizi: il vuoto cosmico e il maledetto “dipende”
I primi tempi ho iniziato a cercare informazioni in giro, davvero ovunque. Pensavo di trovare qualche listino, qualche numeretto ma zero, il nulla cosmico. Ho provato a chiedere in giro e ovviamente nessuno mi dava informazioni se non quel maledetto: dipende.
Insomma, ero lì con i miei primi clienti che tentavo di dare un valore al mio lavoro e non capivo davvero come fare.
Prezzo al ribasso
Quando ho iniziato ero cosciente di non essere una professionista: sicuramente una persona seria e con tanta voglia di lavorare ma effettivamente non potevo “valere”quanto un esperto del settore. Per questo ho iniziato a fare i miei prezzi “a caso”: qualcosa dovevo pur dire ai clienti per farmi pagare.
A dire la verità i primi tempi avevo una fottuta paura di perdere l’opportunità di lavorare parlando subito di prezzo e questo mi ha penalizzata perché come una qualsiasi niubbia (anche se le persone dimenticano di esserlo stati) ho anche preso delle mazzate, magari le racconterò un giorno.
Ho iniziato a guardare ai listini delle tipografie: grafica a 30 euro, loghi a 50 euro. Era tutto così agghiacciante! Poi ho iniziato a chiedere preventivi alle agenzie di grafica: lì mi sono arrivate diverse informazioni.
Sicuramente i prezzi da chiedere non potevano essere quelli delle tipografie che guadagnano sulla carta e sì, ti fanno un logo ma senza uno studio vero e proprio.
Il mio viaggio nel vuoto iniziava a prendere forma: fino a quando non ho scoperto il listino dell’ADCI e lì ho creduto di poter diventare milionaria.
L’arrivo del listino di un mio stimato collega mi fece finalmente capire la prima questione importante: il prezzo dipende dall’esperienza. Rieccolo quel maledetto dipende.
Il mondo mi chiedeva un listino
La maggior parte dei clienti lo voleva ma io dicevo sempre: “Per adesso non ce l’ho”. Uno in particolare mi disse: “Se non hai il listino allora non sei professionale”. A parte che allora non mi ci sentivo professionale, la mia ferrea volontà era quella di tirare a campare con la grafica (mentre facevo altri lavori per mantenermi) ma non riuscivo proprio a farlo questo benedetto listino.
Non capivo perché ma poi sono arrivata alla mia prima conclusione sensata che è il titolo del prossimo paragrafo:
Il listino dei grafici non esiste!
Questa prima consapevolezza mi rendeva felice. Il problema, però, iniziava ad essere più complesso: come valutare il mio lavoro? Esperienza, capacità, carattere del cliente… oppure chiedo a qualche astrologo o a qualche cartomante? Ma ho naturalmente iniziato a chiedere a colleghi e conoscenze. Arrivano le prime assurdità: la tariffa oraria.
La tariffa oraria ha senso?
Non andrò per le lunghe: la tariffa oraria ha senso solamente se utilizzata per se stessi, nel proprio ufficio. Non si può valutare settordici tipi diversi di lavoro con un tot all’ora. Sì, molti ci si trovano bene (e beati loro) ma davvero è come trasformarsi in operaio, manca solo la divisa. Senza nulla togliere all’operaio! È che stiamo parlando di un tipo di lavoro che non può essere chiuso in dinamiche che non sono della stessa natura.
Che faccio, un logo in due ore? E il cliente che mi risponde? Mi fai 4 ore di logo? Oppure: mi fai quel pieghevole? Mi raccomando non ci mettere più di 2 ore che non ci rientro con il budget.
Insomma è come andare in salumeria e chiedere un chilo di logo, due etti di espositore o una busta di banner. Di cosa stiamo parlando? E poi se è vero che con l’esperienza riusciamo a realizzare materiale più velocemente, verremmo pagati sempre meno per far sempre di più?
Qualquadra non cosa!
Interessante il punto di vista di Benito Frazzetta.
Ha senso più farsi pagare per il progetto singolo e calcolare ogni volta il prezzo a seconda di alcuni criteri di valutazione.
I criteri di valutazione del prezzo
Ecco finalmente quali sono secondo me i criteri giusti per valutare un lavoro.
Come prima cosa c’è da specificare che fare una riunione approfondita e stilare un briefing è il metodo più accurato per capire la situazione che si ha davanti sia da parte di chi deve fare il prezzo, sia da parte del cliente che riesce a capire la situazione.
Nel caso di un progetto più articolato è bene chiedere quanto budget è stato previsto per la comunicazione così da poter tastare il territorio e valutare ancor meglio la situazione.
Quindi briefing a tutto spiano per valutare bene.
Tipologia di cliente
Può essere un pubblico o un privato. Può avere un budget o può cercare di spendere il necessario. Può aver bisogno di materiale in futuro (ma se te lo ripete più di una volta è perché cerca uno sconto). Può anche cercare di venderti visibilità (poi le bollette le pagherà Topo Gigio).
Insomma è giusto capire chi si ha di fronte per chiedere il prezzo corretto. No, non è scorretto fare un prezzo a seconda del tipo di cliente. Se lui ha deciso di vendere in due continenti probabilmente non puoi fargli il prezzo del macellaio, svaluteresti il tuo lavoro: la diffusione è differente.
Se hai di fronte una startup che ha ottenuto 10.000 euro dallo Stato per lanciare la propria attività non ha senso chiedere quanto hai proposto ieri al mobilificio di paese: l’impegno è nettamente superiore.
La diffusione dell’elaborato
Se l’azienda diffonderà il tuo logo a livello locale non può avere il prezzo di una che lo diffonderà a livello nazionale, internazionale: lo studio della grafica sarà molto diverso e ben più approfondito in modo da arrivare al target che, più vasto è, più è richiesto impegno nello studio delle dinamiche di comunicazione e soddisfazione visiva.
Ci sono poi davvero tante sfaccettature da prendere in considerazione. Ogni Paese ha delle caratteristiche, delle regole e delle problematiche che l’addetto alla comunicazione non può permettersi di non conoscere e che, nella maggior parte dei casi, deve studiare: in ogni mercato si comunica in modo diverso senza considerare che le cose cambiano dal giorno all’altro. E sì, importante conoscere addirittura la situazione politica per non fare errori madornali. Più si sa, meglio è.
Più pubblico=più impegno.
Timing
Il tempo viene deciso dal professionista in seguito ad una riunione nella quale il cliente spiega i suoi tempi. Più hai fretta e più paghi. Se bisogna fare qualcosa per ieri allora bisognerà pagare molto di più. Ci si mette impegno, professionalità ed ansia di far presto ma l’ansia è costosa.
Esperienza
Che tu abbia iniziato adesso o che tu sia un grafico da 30 anni devi farti pagare. È ovvio che se hai un portfolio con due lavori non puoi fare lo stesso prezzo di qualcuno che ha esperienza. Ecco, la capacità di valutarsi è importante.
Target
Ci sono davvero molti tipi di target e ognuno necessita di impegno differente. Inserirsi in un mercato molto affollato non è semplice. Stessa cosa per una nicchia: bisogna conoscere molto bene di cosa stiamo parlando e quindi c’è tutto uno studio dietro.
Insomma, impostare il target e capire quanto tempo e quanto impegno ci vorrà per raggiungerlo è importante per fare un prezzo.
Quanto ti piace il cliente?
Non sono impazzita: pensate di collaborare con un cliente che rompe le scatole già al primo appuntamento. Secondo voi ha senso ascoltare le sensazioni che avete percepito (fastidio, antipatia, incapacità di comunicare)? Si.
99 volte su 100 quel cliente ti farà perdere un sacco di tempo.
Esistono tanti clienti bravissimi che ti stimolano a dare il massimo, altri che ti lasciano lavorare con calma, altri che sono impegnativi ma comunque corretti nella collaborazione: quelli peggiori, quelli cafoni, quelli “che sanno tutto loro”… evitiamoli.
Non bisogna sempre accettare, la scelta migliore spesso è evitare di impazzire o… prevedere nel preventivo la rottura alzando il prezzo 😀
E sì, stessa storia al contrario: se credi in un progetto o se ritieni molto valida una persona con cui hai voglia di collaborare allora il prezzo può anche scendere. Certo, c’è da evitare sempre prezzi da discount.
Quanto ti piace il lavoro che stai facendo?
Il piacere che hai nel fare un lavoro deve essere preso in considerazione come un vero e proprio criterio di valutazione.
Ad esempio io amo fare loghi e comunicazione per aziende. Adesso non faccio più impaginazioni di cataloghi ma quando ne facevo era una rottura incredibile per me: non mi piace ma accettavo per avere il compenso molto interessante.
Evidentemente non serve scriverlo sul briefing o sul preventivo ma bisogna ascoltare anche le proprie preferenze personali. E non meno importante è l’impatto che avrà il tuo lavoro nel mondo: può portarti una buona visibilità?
È un lavoro che può introdurti a in un mercato su cui ti piacerebbe investire in futuro?
Modifiche
In generale è meglio prevedere un prezzo per le modifiche in più: se capita un cliente indeciso cronico o uno che si lascia ispirare da tutto ciò che vede, allora è il caso di specificarlo nel preventivo a caratteri cubitali. Questo sarà un deterrente per lui e una tranquillità per chi farà il preventivo.
Le tasse, le tasse!
Bisogna calcolare anche questo: se chiedi 100 per un lavoro e 50 le devi ridare indietro, quanto ti rimane? Ecco, non bisogna dimenticarle mai, neanche un secondo.
Il guadagno bisogna vederlo sempre diviso a metà. Pensa sempre a Goemon che con la sua spada divide il totale e a te rimangono due spicci.
Il prezzo di favore per iniziare attira i clienti?
Ovvio che si. Il problema è che poi il cliente si aspetterà sempre prezzi di favore. Chi è lo scemo che collabora una volta per poi vedersi alzare il prezzo? Nessuno! Il risultato è che cercherà altrove altri prezzi di favore e si avrà presto un cliente in meno.
È utile fare un prezzo di favore… solo con lo scopo di far spendere di più al cliente. Per esempio: avete accordato il logo+immagine coordinata+espositori per un evento. Ecco, la proposta può essere di fare un prezzo di favore per curare anche la grafica degli stand, dei rollup da poter riutilizzare anche in altre occasioni e di realizzare dei depliant più dei volantini da distribuire: tutto in coordinato.
Se prima il prezzo poteva essere 2500 euro allora il rilancio: invece di 5000 euro ti faccio 4299 euro (ahahaha il 99 maledetto) per apparire più professionale con una possibilità superiore di comunicare nel modo giusto e vendere di più. Qualche mockup può essere utile ma ovviamente questo è un altro discorso.
In questo modo offrirete al cliente la possibilità di guadagnare di più nelle sue attività e voi riuscirete a guadagnare di più. Ecco, solo a questo serve il prezzo di favore.
La regola è che non c’è una regola
Avete letto bene. Non ci sono delle regole ma ci sono delle costanti da prendere in considerazione. Bisogna ragionare da imprenditori per guadagnarsi da vivere. Bisogna farsi pagare a progetto o nella modalità che trovate più utile alla vendita, bisogna prevedere i problemi e avere una soluzione a tutto.
Il primo pensiero del professionista dev’essere quello di creare valore per i clienti e soprattutto essere percepito come persona di valore.
Non meno importante è capire il valore effettivo che si riesce a produrre per gli altri con le proprie capacità e con la propria competenza.
Insomma, un tripudio di valore! 😀
Insomma adesso non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate.
Commentate e… al prossimo articolo!