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Patrizia Anna Coccia
giovedì, 11 Giugno 2020 / Pubblicato il News

CAPIRE L’HELVETICA

Che ti piaccia o meno, poco importa: l’Helvetica è un pezzo di storia. Il ruolo che questo font ha avuto e ha ancora nel design è stato talmente decisivo che no, un designer non può ignorarlo.

Quali sono le caratteristiche dell’Helvetica?

L’Helvetica evoca la classe degli anni ’60 e il linguaggio della pubblicità di quel periodo, segnando in modo importante tutti gli anni 70 e quelli a venire.

Ha una personalità asettica ed essenziale: infatti le sue caratteristiche distintive sono la neutralità, la pulizia, la leggibilità, la versatilità.

E soprattutto è sempre aperta alle interpretazioni del contesto.


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L’errore tipico: scambiare la pulizia con la banalità

Sicuramente un carattere può non piacere. Ricordiamo che l’Helvetica è stato un font molto amato e utilizzato ma alcuni designer di fama internazionale come Erik Spiekermann, Stefan Sagmeister e David Carson, hanno accusato il carattere di essere noioso, freddo, impersonale e ormai troppo inflazionato nel campo del design. E può essere condivisibile un parere personale a patto che non si finisca per scambiare le caratteristiche specifiche per banalità.

Caratteristica di questo carattere è la sua eleganza, unita ad un elevato grado di neutralità e di tecnicismo molto apprezzati dai grafici della scuola svizzera per le sue essenzialità, alta leggibilità e risolutezza formale.

Perché l’Helvetica lascia spazio al resto, riesce ad avere un carattere deciso e allo stesso tempo dà tutto lo spazio necessario al messaggio, senza fronzoli.

Il fatto che l’uso di questo font significhi per molti “successo assicurato” è un po’ anche la sua croce: sappiamo benissimo che bisogna studiare tanti aspetti prima di decidere se utilizzare o meno un carattere ma proprio grazie alle caratteristiche che lo rendono universale, l’Helvetica viene utilizzato troppo spesso per “star tranquilli”, spingendo molti designer a saltare o a sottovalutare quel processo di scelta fondamentale in ogni progetto, quello che di fatto lo caratterizzerà.

Quindi si accusa all’Helvetica di essere sbattuto in ogni elaborato grafico. Ci può stare: molti designer, soprattutto agli inizi, fanno questo errore mettendo da parte lo studio del lettering ma non per questo bisogna odiarlo: non è colpa sua. Lui ha l’unico difetto di essere troppo bello!

Ma la smetto con le considerazioni personali e torniamo alle caratteristiche serie 🙂

L’Helvetica è un carattere dinamico: molto utilizzato nel brand design perché si sviluppa sempre in verticale o orizzontale, in nessun caso in diagonale. Un particolare: la “goccia” che si sviluppa ad esempio nelle “a” minuscole regala un elemento interessante che può essere utilizzato per “spezzare” la sontuosità delle forme decise e per sviluppare forme accattivanti anche attraverso la morbidezza della curvatura.

“Il significato deve uscire dal testo, non dal carattere tipografico»

Ma andiamo un attimo indietro, un articolo senza parlare della storia non ha senso di esistere.

Il font Helvetica fu creato nel 1957 da Max Miedinger, un impiegato freelance a cui era stato chiesto di pensare ad un set di caratteri sans serif per una nuova linea tipografica per la fonderia svizzera Haas.

Ma il primo nome non fu Helvetica: prima di diventarlo ufficialmente si chiamava Neue Haas Grotesk.

Max Miedinger disegna questo nuovo carattere nel 1957, in un anno. Ha rischiato seriamente di chiamarsi Neue Haas Grotesk ma successivamente, nel 1960, venne ribattezzato Helvetica (derivato da Helvetia, Svizzera in latino) per dargli un twist sul mercato internazionale.

Il nome è pensato proprio per evocare l’avanguardia della Swiss Technology, fenomeno super cool per l’epoca: le agenzie e i designer di tutto il mondo vedevano l’Helvetica come il font che rifletteva le tendenze industriali del tempo.

Helvetica era innovativa perché intendeva il Design come la comunicazione obiettiva di un’idea, non come un’espressione artistica.

L’idea stessa di progettare un carattere come Helvetica andava verso una cruciale espressione -idealizzata- del modernismo.

Sempre nel 1957 furono rilasciati tre typefaces, tutti progettati alla stessa maniera neo-grotesque: Neue Haas Grotesk di Eduard Hoffmann e Max Miedinger, Univers di Adrian Frutiger, e il Folio di Konrad F. Bauer e Walter Baum.

L’esplosione fu immediata, quelli erano gli anni delle più grandi rivoluzioni nel lettering e quindi il terreno era più che fertile. Fu subito scelto dalle più grandi agenzie pubblicitarie.

In poco tempo Helvetica iniziò a comparire nei corporate brand, nella segnaletica, nelle stampe d’arte, nelle clip video ed in altri innumerevoli campi della comunicazione visiva fino a che vide il proprio apice con la Apple, che nel 1984 lo include tra i caratteri di sistema Macintosh, permettendone la diffusione anche nel versante della grafica digitale.

Visto il grandissimo successo, la Linotype ha poi pubblicato Helvetica Neue nel 1983, con pesi indicati da due cifre, ab, dove a va da 2 a 9 (ultra chiaro a nero), e b da 3 a 7 (esteso a condensato)

Nel 1983 furono prodotti in totale 51 pesi.
La versione di Helvetica di URW, gratuita con il pacchetto di font Ghostscript, è Nimbus Sans (1987).

Nel dicembre 1989 Massimo Vignelli scelse l’Helvetica come carattere tipografico ufficiale per l’intera segnaletica della città di New York: dalla metropolitana ai treni, dai cartelli stradali alle mappe della città, vincendo la sfida contro l’allora preferito Standard (Akzidenz Grotesk).

Ma chiediamo al nostro Niccolomaria Zanzi di trovarci delle valide alternative all’Helvetica e ci risponde così

“Alla Haas funzionava in modo diverso dalla Nebiolo, in cui Novarese firmava tutto. L’idea è di Hoffmann ma il carattere in se è stato disegnato da Miedinger, che poi lo ha firmato. Di alternative che “personalmente” preferisco ce ne sono un sacco.

La più interessante è il FOLIO delle fonderie Bauer, disegnato da Bauer e Baum

Ha un set di alternative maiuscole molto particolare tra cui spicca una Q Maiuscola molto singolare che io trovo inaspettata e bellissima.
Del Folio la versione per la fotocomposizione venne fatta dalla Hell (poi Heidelberg/Hell) e adesso mi pare ne faccia una bella versione digitale, la URW+ e si chiama
URW Folio.

Altra alternativa è il PERMANENT delle fonderie Ludwig & Mayer.

È un carattere molto bello di cui però è “sopravvissuto” solo il peso HEADLINE, nel senso che non è stata digitalizzata tutta la famiglia.
L’headline è un peso estremo per le titolazioni. Da un punto di vista del design mi viene da dire che sia “ineluttabile”: difficile che si disegni un carattere così oggi.

Permanent ebbe un gran successo in Europa e soprattutto in Italia. Venne adattato alla composizione meccanica (linotype) dalla Simoncini, che a memoria ne fece una versione anche per la fotocomposizione. Poi… sparito.

Credo più per il fatto che negli states andasse più di moda altro. E che la Amsterdam Continental (l’azienda che lo distribuiva) aveva la licenza anche dell’ Akzidentz Grotesk e si applicò di più su quel typeface che non sul permanent.

Per concludere il trittico magico… ci sarebbe anche Akzidenz Grotesk e Univers.

E dico subito che a me Akzidenz piace poco. Ha le terminali troppo inclinate per i miei gusti e riconosco a tutti gli altri di aver lottato non poco per ridurre quelle inclinazioni fino a cavarle del tutto o quasi, un po’ “liberandosi” del “peso progettuale” dell’Akzidenz. Certo che se uno cerca un sapore più retrò…

In Italia c’è, limitatamente al piombo, però, anche il Linea di Umberto Fenocchio. Sempre un bastone neo-grottesco molto tardo.

Uno dei miei “studenti” lo sta digitalizzando mentre parliamo, non so se lo rilascerà, non so come verrà fuori, non so se verrà completato. Lo sta facendo come esercizio e la famiglia è enorme… ma il tentativo c’è e mi pare un ragazzo talentuoso. Chissà”.


Grazie mille al nostro caro Niccolomaria Zanzi per i suoi preziosissimi suggerimenti (andatelo a trovare qui) e termino l’articolo con una lista delle aziende multinazionali e di marchi internazionali utilizzano l’Helvetica nel proprio logo:

3M, 3SDM, Agfa, Agip, Alpinestars, American Airlines, Amplifon, Aprilia, Banca Popolare dell’Emilia-Romagna, Bank of America, Basf, Bayer, Beiersdorf, Beghelli, Blaupunkt, BMW, BP, Calzedonia, Cassina, Caterpillar, ConEdison, Def Jam, Energizer, Epson, Evian, Fiat (1968-2006), Fifa, Fendi, Geigy, General Motors, Greyhound Lines, Harley Davidson, Henkel, Hitachi, Hoover, Husqvarna, Intel (1968-2005), Jeep, Kappa, Kartell, Kawasaki, Knoll, LG, Lufthansa, Mattel, MetLife (1964-2005), Microsoft, Mitsubishi, Motorola, Muji, Nestlè, Olympus, OMA, Oral-B, Otis, Oviesse Industry (dal 2010), Pan Am, Panasonic, Parmalat, Saab, Sanyo, Sears, Smeg, Staples, Superga, Sisley, Tamoil, Target Corporation, Tetrapak, The North Face, Thyssenkrupp, Toyota, Tupperware, Verizon, Ferrovie Federali Svizzere.

E adesso cosa ne pensi dell’Helvetica?

🙂

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Taggato in: font, Helvetica, storia, storia helvetica

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