Di seguito troverete due figure: chi è Maluma? Chi è Takete?

Ebbene, sono sicura che avrete attribuito il nome Maluma alla figura morbida e Takete alla figura spigolosa. Come mai?
Il cervello umano in qualche modo attribuisce significati astratti alle forme e ai suoni, in modo coerente.
Questo esperimento è stato fatto per la prima volta dallo psicologo Wolfgang Köhler nel 1929 (qualcuno di voi lo conoscerà) e poi ripetuto e confermato da altri psicologi utilizzando nomi diversi (e sembra anche finalità diverse, più legate al mondo della sinestesia) come “Bouba e Kiki” ma potremmo dargli un nome nuovo anche noi, tipo Goldon e Tarak (immagina un nome anche tu).
Le due figure in analisi hanno sicuramente esasperato al massimo la differenza esistente tra di loro. Sono accomunate dal fatto di appartenere allo stesso ‘gruppo visivo’ e di avere approssimativamente la stessa grandezza, ma sono state posizionate lì come figure antitetiche, e le percepiamo con due caratteri distinti.
Approfondiamo.

Maluma se fosse un essere umano avrebbe molto probabilmente un carattere mite, pronto ad ascoltare e aperto al mondo. Maluma sarebbe un tipo riflessivo, che prende decisioni con criterio, difficilmente in tempi brevi. Un tipo affidabile e accogliente. Maluma potrebbe essere più donna che uomo nell’immaginario collettivo.
Takete, al contrario, potrebbe avere un carattere deciso e probabilmente un po’ difficile. Forse prenderebbe decisioni in modo più immediato di Maluma. Energico e sicuro di se, senza troppa paura di sbagliare perché sì, è un soggetto che si avventura più facilmente in situazioni nuove rischiando con coraggio. Takete potrebbe essere più uomo che donna nell’immaginario collettivo.
Ovviamente il metodo che ho utilizzato per descrivere Maluma e Takete è semplice percezione unita a quelle che sono le convenzioni umane, le stesse convenzioni che ci portano, ad esempio, ad attribuire il rosa alle donne e il blu agli uomini. Le convenzioni sono spesso (giustamente) antipatiche, specialmente nel momento storico che stiamo vivendo, ma nella percezione possono aiutare ad arrivare a quel determinato pubblico e a connettersi immediatamente. Ma attenzione: queste spesso non sono universali e cambiano nelle varie zone del mondo, quindi vanno gestite con attenzione e con molta empatia.
Se senti che la tua attenzione ti sta abbandonando, salta il seguente pezzo e vola oltre, scrolla e ricomincia a leggere dal titolo in giallo!
Quando osserviamo un oggetto entrano in campo sia l’aspetto fisiologico, sia l’aspetto psicologico. Il tramite dell’aspetto fisiologico è un sistema percettivo imperfetto: l’occhio. Il tramite dell’aspetto psicologico è la mente che dà senso alle immagini che vediamo. Ma non è così semplice questo tema: tante sono state le teorie elaborate per spiegare il funzionamento del cervello. Due delle più famose sono la teoria cognitivista e la teoria della Gestalt di cui parleremo più approfonditamente più in là.

LE DUE TEORIE DELLA PERCEZIONE
Secondo la teoria cognitivista ogni individuo conferisce significato a ciò che vede facendo ricorso alla memoria visiva, determinata dalla cultura, appunto, visiva e dalle esperienze percettive.
La mente fa ricorso a una serie di modelli mentali, sintesi semplificata degli elementi costitutivi delle forme, che confronta l’immagine con la realtà e con il suo contesto che contiene un surplus di informazioni utili all’osservatore per verificare le ipotesi fatte dalla mente, per associazione.
Quindi grande importanza all’esperienza personale di ogni individuo, alla memoria, al contesto.
Secondo la teoria della Gestalt, invece, l’immagine è percepita dalla mente come un insieme organizzato di segni che risulta comprensibile solo se letto nella sua globalità, e non come un insieme di elementi isolati e compiuti in se stessi: l’insieme è diverso dalla somma delle sue parti.
La mente possiede un sistema innato di archiviazione che dipende da una serie di leggi di organizzazione percettiva che agiscono nello stesso modo in tutti gli individui, indipendentemente dalla loro cultura personale e dalle loro esperienze precedenti.
Quindi grande importanza ai sistemi di archiviazione innati.

Passiamo al brand design e all’ipotetico logo per un’azienda. Capiamo ancora di più, ora, che è impossibile generare una forma che funzioni, seguendo solamente gusti personali di una singola persona: è riduttivo e non funzionale allo scopo. E non basta neanche che si incrocino i gusti del designer con quelli del cliente.
Tornando all’esempio di Maluma e Takete, prendiamo in esame quelle due forme che sono generate da linee
Partiamo dal presupposto che la linea non ha ”un’entità fisica” vera e propria: spesso non viene neanche notata dall’occhio, nascondendosi nell’insieme. Ma la percezione, eccome se la nota! Stabilisce una continuità tra il segno disegnato e la cosa pensata. Assomiglia più al pensiero che alle cose in sè e appartiene al mondo dei concetti.

Le linee curve sono felici, hanno ritmo. La tensione principale della curva è nell’arco: lì si nasconde la forza maggiore ma con meno invadenza e con meno aggressività di un angolo. Sono generose.
Le linee curve sono maledettamente resistenti: la tensione è nascosta anche nei capi esterni, come accade anche nella linea retta.
Le linee spezzate nascono dalla pressione di due forze che arrestano il proprio percorso e la propria azione dopo un urto. Gli angoli retti danno percezione di stabilità, quelli acuti hanno una maggior tensione e sono più freddi degli angoli ottusi che “goffamente” non sono in grado di dividere tutta quanta una superficie e ne lasciano una parte “non conquistata”. L’angolo ottuso (non lasciatevi influenzare dal nome) è invece più concreto e riesce anche a scomporre la superficie quadrata in 8 parti uguali.
La retta è però la linea per eccellenza. È la direzione, l’orientamento e il verso del moto rettilineo.
L’orizzontale è il suolo, il piano terra e quindi designano il senso della stabilità, del riposo, del sostegno, la base di tutto quello a cui è attribuita. È un elemento passivamente resistente alla forza di gravità, una sicurezza. Divide il mondo di sopra con quello di sotto.
La verticale, invece, dobbiamo considerarla in senso ascendente o discendente.
Se Discendente è il filo di piombo, la caduta rovinosa (se cambiamo l’angolatura cambia tutto), il peso, la gravità, la profondità.
Se ascendente tutto si ribalta: ecco arrivare la leggerezza, l’ascensione spirituale, la lievitazione, la crescita.
La linea verticale divide simmetricamente il mondo dalla parte destra alla parte sinistra creando bilateralità.
La retta, la curva o anche l’angolo sono concetti astratti, immagini mentali, noi esperiamo solo il loro carattere, la formalità. Cioè, non è la linea che percepiamo ma la “linearità”. Non la retta ma il “rettilineo”, la “rettitudine”. Non la curva ma la “curvatura” o il “curvilineo”.
Maluma e Takete hanno delle forme astratte, queste derivano dalle forme organiche e naturali ma non sono reali: vogliono rappresentare qualcosa ma con delle forme che aiutano piuttosto la nostra percezione, non assomigliano fedelmente a ciò che vogliono rappresentare.
Giusto per completezza diciamo qualcosa anche sulle forme organiche e naturali: sono le forme che derivano dalla natura e che pittori, scultori tentano da anni di rappresentare nel modo più fedele possibile. Queste forme rappresentano, quindi, quello che è nell’ambiente naturale come ad esempio un albero, un fiore, il sasso ma anche elementi più lontani dall’uomo come possono essere le nuvole, la terra, il sole, la luna, le stelle del firmamento.
Queste figure hanno delle caratteristiche in comune. Ad esempio è difficile che siano regolari (anche se noi tendiamo a farle diventare regolari per far piacere alla nostra percezione), sono asimmetriche, hanno spesso elle curve e sono rappresentative.
Per non rendere chilometrico l’articolo terminiamo qui questo viaggio prima di arrivare sulla tangenziale, torneremo sicuramente a scoprire il mondo della percezione.