PREMESSA:
È la prima volta che scrivo un editoriale sul mondo dei social network. Fino ad oggi sono stati gli strumenti che ho scrutato in totale solitudine e con loro ho passato la maggior parte del mio tempo. Probabilmente mi posso considerare un navigatore solitario. Ho deciso, tuttavia, che da questo momento dovrò osservare il loro potenziale, le loro capacità e condivedere – su queste pagine digitali – quello che osservo. Quasi mai vi parlerò di social network e di numeri. I numeri fanno parte della statistica, dei markettari e di tutti quelli che non hanno emozioni. I numeri rendono distanti le persone dal vivere emotivamente una storia. Ho deciso, già da questo editoriale, di differenziarmi da tutti gli esperti di social media marketing. Vi voglio raccontare il mondo dei social network mettendo in evidenza i PROTAGONISTI, le STORIE e le EMOZIONI che sono in grado di creare con gli utenti. Non inizierò con “c’era una volta” o “un tempo..”, ma capirete la storia che vi voglio raccontare. Per questa scelta sarò criticato, sarò emarginato, ma posso decidere di esser definito un unconventional social media expert.
Il Cambiamento dei Social Network
Negli ultimi anni i social network hanno subito un’evoluzione vertiginosa. Facebook è il terzo stato al mondo per numero di iscritti, Pinterest la startup miliardaria e, insieme a Tumblr, hanno la crescita più alta per numero di utenti. Una cosa è certa. I social network hanno cambiato il nostro modo di comunicare e quello dell’aziende, introducendo nel nostro dizionario quotidiano parole che fino a pochi anni fa non esistevano.
Ma che cosa sono i social network?
Nel 2007, le ricercatrici Danah Boyd e Nicole Ellison, hanno definito quali caratteristiche devono avere i social network. Dare la possibilità agli utenti di creare un profilo (pubblico o semipubblico), articolazione di una lista di contatti e la possibilità di scorrere questi contatti.
Facciamo un passo indietro nel tempo.
L’intuizione che i social network potessero essere uno strumento utile alla comunicazione la si è avuta in maniera molto chiara già nel 2006. Molti CEO avevano deciso di aprire nelle loro aziende i corporate blog. L’idea era quella di mettere in evidenza la “faccia del brand” per attirare gli utenti con campagne spesso virali ed agevolare il dialogo tra utenti e aziende. Questo tentativo si è poi trasferito su tumblr. Molti brand utilizzano i tumblelog come strumento di diffusione di contenuti virali, fotografie e backastage.
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Nel calderone delle novità nasce anche il CEO blog che doveva aiutare i manager a sentirsi più vicini agli utenti per aver un linguaggio più diretto e meno ufficiale.
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Nessuno aveva tenuto conto dell’evoluzione zuckerberghiana.
L’avvento di Facebook e del suo interfaccia, semplice e diretto, ha indotto molti CEO ad aprirsi una fanpage. Questo da solo, però, non è bastato per comunicare nel modo corretto.
Zuckerberg ha creato qualcosa di più articolato di una semplice illusione fondata sul pubblicare qualche post di peso o qualche sponsorizzazione, per essere considerato social, al fine di raggiungere migliaia di visite o di conversioni verso il proprio sito.
Facebook, lanciato online il 4 febbraio 2004 con il nome di The Facebook, ha avuto nel suo inventore e curatore Zuckerberg il grande merito di saper gestire con strategia la crescita e l’introduzione delle novità. Il social che viviamo oggi non ha abbandonato l’idea principale per cui è nato, nonostante i numerosi cambiamenti che ha subito. Iscrizione esclusiva soltanto su invito per gli studenti dell’università di Harvard.
Oggi è diventato un colosso nel mondo della comunicazione.
Nel tempo ha saputo trasformare la piattaforma in un vero e proprio motore di ricerca in grado di gestire applicazioni di terze parti, il news feed, l’applicazione per le foto e il tagging, l’invito all’azione sulle nostre fanpage, il servizio di messenger, groups (per gestire i gruppi) e ultimo in ordine di apparizione Riff (per i video).
Tutte novità importanti se consideriamo il peso che ha nella comunicazione quotidiana degli operatori e dei clienti.
Ma non finisce qui.
Io, come tanti altri studiosi più importanti di me, segnano il punto di svolta dei social con un fatto cruciale. La primavera araba, nel 2011, ha segnato inevitabilmente la consacrazione dei social network come principale mezzo di comunicazione. La possibilità dei blogger medio-orientali e del nord africa, di diventare degli influencer (influenzare un pubblico in una direzione), ha dato grande potere alla rete portando in piazza un gran numero di persone.
Ha portato il pubblico alla ricerca della notizia non più al telegiornale, come ha fatto fino al giorno prima, ma ad accendere lo smartphone e guardare le notizie che venivano pubblicate direttamente dalle piazze in cui c’erano le rivoluzioni. Come? Attraverso gli hashtag.
Lo stesso fenomeno ha raggiunto persino le agenzie di informazione, le quali ancora prima di battere la notizia, chiedevano la veridicità agli influencer sulla piazza.
Twitter, se ieri era considerato un semplice social brand, oggi lo dobbiamo considerare un contenitore di informazioni broadcast.
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(Report 2012 sull’utilizzo di Twitter nel mondo)
Mi piace ricordare anche le parole di Gary Hamel apparse su Forbes.
Il controllo dell’informazione non è più in mano a pochi e questo porterà sicuramente alla loro morte.
Con queste parole viene accentuato di molto il concetto di democrazia digitale e democratizzazione dell’informazione.
Sono tante le cose da dire sui social network. Ho cercato di riassumere il più possibile tutte le fasi cruciali (saltando qualcosa, ovvio). Mi sento di dire che essere iscritto ad un social network non indica che voi stiate comunicando nel mondo corretto. Lo stesso concetto che viene applicato ai brand vale anche per noi che proviamo a fare personal branding. Per comunicare bisogna analizzare e pianificare una strategia con lo sguardo più prospettico che ci sia e, soprattutto, capire quali sono i cambiamenti radicali che hanno mutato fino ad oggi il vostro sentiero. Cercare di scrivere un bugiardino potrebbe essere utile. Tutti i social hanno degli effetti collaterali. Bisogna capire quali sono per non essere una goccia in mezzo al mare.
Benvenuti,
dal vostro vicino di Kaos